Home News Lo strappo di Cassano agita il Consiglio regionale: è guerra al manager

Lo strappo di Cassano agita il Consiglio regionale: è guerra al manager

Tiene banco il caso Cassano nel centrosinistra pugliese travolto da una valanga di polemiche dopo la candidatura dell’ex Senatore di Forza Italia tra le fila di Azione, il partito di Calenda. Un fulmine a ciel sereno che ha cancellato di colpo un tassello importante dal mosaico della maggioranza alla Regione Puglia. La prossima mossa è quella che si giocherà nel consiglio regionale urgente chiesto dalla presidente del consiglio Loredana Capone che ha accolto l’istanza pervenuta dai consiglieri regionali Amati, Tutolo, Mazzarano e Mennea, firmatari della proposta di legge anti Cassano rinviata il 28 luglio scorso proprio grazie all’intercessione di Emiliano. Il testo prevede il riordino di Arpal, l’agenzia regionale per il lavoro guidata da Cassano nelle vesti di direttore generale. Tecnicamente l’approvazione della norma dovrebbe comportare la rimozione automatica del manager in carica. Ma tutto dipenderà dall’esame dell’aula e dal tipo di modifiche che saranno apportate alla proposta iniziale.

Non a caso il diretto interessato punta a restare incollato alla poltrona soprattutto in questa fase di campagna elettorale. Anche perché, sostengono i legali di Cassano, il suo incarico scaturisce da una delibera di giunta regionale valida per tre anni e tutt’ora vigente. Una tesi in dissonanza con le fortissime contrarietà espresse dal segretario del Pd pugliese, l’onorevole Marco Lacarra, e del commissario Francesco Boccia. Entrambi nei giorni scorsi hanno annunciato di voler scongiurare l’inevitabile conflitto di interessi che si verrà a configurare fra il candidato alle politiche e il manager tuttofare di un’agenzia che distribuisce posti di lavoro nei centri per l’impiego. A chiedere la testa di Cassano c’è anche l’intero gruppo regionale dei Cinque Stelle che ritiene il candidato di Calenda un pericolo pubblico per il reddito di cittadinanza, il cavallo di battaglia dei pentastellati e che Renzi e lo stesso Calenda vorrebbero rivedere e correggere.

Un clima incandescente, insomma, che non promette nulla di buono e rischia di compromettere l’armonia e la compattezza del centrosinistra atteso dal test politico del 25 settembre. Una competizione dalla quale esce di scena Giovanni Stea, assessore al personale della regione Puglia, sceso in campo sotto il simbolo di “Noi al Centro” di Clemente Mastella. A depennare la lista di Mastella la Corte d’appello di Bari che ha ravvisato una serie di irregolarità nelle firme, nell’autenticazione e persino nell’identificazione dei soggetti chiamati a sottoscrivere la presentazione del simbolo elettorale.

NO COMMENTS

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version