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A Bari cresce il numero dei poveri: tra i più bisognosi precari e single

Sono sempre di più le richieste di aiuto che la Caritas dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto si è trovata a fronteggiare. A confermarlo è il 21esimo rapporto nazionale “Anello debole” redatto dalla Caritas e presentato venerdì nel capoluogo pugliese. I numeri raccolti tramite gli oltre 2800 centri di ascolto dell’ente in tutta Italia, restituiscono una fotografia allarmante delle nuove povertà e del disagio sociale a esse connesso.

Nella diocesi di Bari-Bitonto sono state 3628 le nuove persone che si sono rivolte ai servizi dei Centri di ascolto e delle Caritas in una delle 126 parrocchie della diocesi nel corso del 2021. Queste si aggiungono alle circa 18mila persone seguite dalle parrocchie e dai servizi di Caritas diocesana nell’anno precedente. Ad essersi rivolti maggiormente ai centri parrocchiali sono stati i disoccupati in cerca di nuova occupazione e persone con impiego irregolare, anche a causa della pandemia.

Le 13 mense del Coordinamento Caritas dislocate soprattutto nelle città di Bari e Bitonto, hanno distribuito più di 72mila pasti durante tutto il 2021 e più di 62mila nei 10 mesi del 2022 appena trascorsi. In controtendenza con i dati nazionali, soprattutto nel Nord Italia, a chiedere maggiormente assistenza a Bari sono le famiglie italiane, la presenza di cittadini stranieri è del 19% sul totale degli assistiti.

In aumento, rispetto al 2020 sono state le richieste di assistenza avanzate dai nuclei familiari monogenitoriali: nel corso del 2021 sono state aiutate 1076 famiglie, soprattutto donne sole con figli minori a carico. «Sono stati anni complessi – ha spiegato Vito Mariella, vice direttore del centro studi della Caritas di Bari-Bitonto – Le 126 parrocchie del territorio sono delle antenne sociali. Gli sforzi e le attività dei nostri operatori non hanno conosciuto una diminuzione nemmeno nel periodo della pandemia».

Le richieste principali rivolte alla Caritas hanno riguardato il lavoro, l’86% del totale, gli interventi di assistenza materiale, il 72%, il pagamento di utenze e affitti e l’assistenza sanitaria. «In momenti di grossa difficoltà – conclude Vito Mariella – la prima cosa a cui si rinuncia sono le spese sanitarie e le visite mediche».

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