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La clinica degli orrori a Foggia, degenti spinti a rapporti sessuali: «Vi spiego come si fa»

È il 9 agosto 2022 e Antonio Melfi, operatore socio-sanitario tra i 30 indagati per i (presunti) maltrattamenti sui ricoverati nell’istituto “Don Uva” di Foggia, invita uno di questi a sedersi con lui nell’area ritrovo. L’anziano comincia a pronunciare il nome di un’altra degente che si trova nell’androne delle scale, a pochi passi di distanza. Melfi non sa che i carabinieri hanno piazzato nella struttura decine di cimici che riprendono e registrano tutto. E così, stando a quanto ricostruito da inquirenti e investigatori, incita il paziente a consumare un rapporto sessuale con la donna: «Vai a farlo mo’, vai – dice in dialetto – Ce lo metti in bocca, vai che sta seduta». A quel punto l’uomo si reca nell’androne delle scale, seguito dall’operatore socio-sanitario che invita la donna a subire un rapporto sessuale orale: «Vai, caccia il pesce – suggerisce – e vedi che fa, vai. Eh, se tu non lo cacci quella non se lo prende. Prima ce lo cacci, poi glielo meni, eh! Vai».

Mentre i due pazienti si trovano all’interno della stanza, Melfi rimane davanti alla porta a fare da vedetta. E da lì continua a incitare la coppia, i cui componenti sono entrambi affetti da minorazioni psichiche: «Va’, cacciaci il salsiccione. In bocca, corri. Ma tutto io ti devo dire? Vuoi vedere come si fa? Te lo faccio vedere io? Te lo faccio vedere». È a quel punto che l’oss, secondo quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip, «si porta le mani all’altezza dell’inguine, si slaccia il pantalone probabilmente per far fuoriuscire il pene» ed entra nell’androne delle scale dove si trovano i due pazienti mentre un’altra persona, divertita, applaude. Per il magistrato non ci sono dubbi: quella perpetrata da Melfi è una violenza sessuale su due persone che hanno consumato un rapporto sessuale orale solo perché indotte da lui. «Senza l’induzione dell’indagato – scrive il gip – le persone offese mai avrebbero compiuto atti sessuali tra loro in quel tempo e in quel luogo solo per intrattenere i presenti».

Melfi non è il solo inquisito al quale i pm contestano il reato di violenza sessuale aggravata. La stessa ipotesi è formulata nei confronti di Pasquale Andriotta, altro oss in servizio nell’istituto “Don Uva”. I fatti risalgono al 22 luglio 2022 quando, sempre secondo pm e carabinieri, Andriotta costringe una degente, affetta da gravissimi ritardi mentali e invalida al 100%, «a subire atti quali il palpeggiamento dei glutei che, sebbene effettuato a scopi canzonatori ed emettendo nel contempo un verso simile a quello dell’anatra, ne viola la corporeità sessuale». Episodi gravi secondo la magistratura, semplici burle per i due indagati che il 3 agosto 2022, commentando la notizia dell’arresto di quattro oss in una rsa di Manfredonia, osservano: «È arrivata una telefonata anonima, una lettera anonima, hanno messo le microspie e li hanno acchiappati – dice Melfi al collega – Ma non solo per il fatto sessuale, pure il modo di trattarli, le parolacce. Dobbiamo stare attenti, uagliò, qui non si può scherzare più».

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