Home News Parti cesarei o naturali, raddoppiate in Puglia le strutture in linea

Parti cesarei o naturali, raddoppiate in Puglia le strutture in linea

In Puglia negli ultimi cinque anni sono cresciute le strutture in linea con i criteri ministeriali di qualità ed eccellenza relativamente alla quota di parti cesarei rispetto al totale di quelli registrati in un anno. Nel 2017 le strutture in linea con gli standard ministeriali relativi ai parti cesarei in regione erano l’11,5%; nel 2019 erano il 20% e nel 2022 sono salite il 22,7%, con un incremento della quota dell’11,2% rispetto a cinque anni prima. Sono solo alcuni dei dati che emergono dallo studio realizzato dalla piattaforma Micuro, su informazioni del ministero della Salute, che ha realizzato una vera e propria mappatura nazionale dei punti nascita, registrando una situazione preoccupante dal punto di vista dei volumi dei parti naturali.

Sono cinque sul territorio regionale le strutture che risultano allineate agli standard ministeriali per la percentuale di cesarei in relazione al totale dei parti: inferiore al 15% del totale nelle strutture che fanno tra i 500 e i 1000 parti all’anno e al 25% per quelle con volumi superiori. Nel caso pugliese si tratta delle grandi strutture. Nel dettaglio, ecco le strutture che rispettano gli standard: Ospedale di Venere di Carbonara di Bari (2153 parti / anno): 18% di parti cesarei Mater Day Hospital di Bari (1808): 21,1%; Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (2466): 23%; Presidio Ospedaliero Centrale Santissima Annunziata di Taranto (1746): 24,2%; Ospedale Regionale G. Panico – Azienda Ospedaliera Cardinale Giovanni Panico di TricaseLecce (1247): 24,%.

Buone le performance anche di due strutture più piccole (tra i 500 e i 1000 parti / anno) anche se nona ancora allineati ai livelli ministeriali per la quota di cesarei sul totale dei parti (per loro la soglia è 15%): Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (16%) e Ospedale Francavilla Fontana (16,6%). A livello nazionale, su un totale di 581 punti nascita, la quota di quelli che sono rimasti sempre sotto soglia indicata dal ministero negli ultimi cinque anni sfiora il 10% (9,8%). «In una situazione di contrazione pressoché cronica del numero di nascite ogni anno in Italia, può risultare tutto sommato accettabile il basso numero di strutture che rispettano gli standard di eccellenza per il parto. Invece è molto grave la qualità delle prestazioni legate al parto non deve mai venire meno, neanche di fronte ai ben noti problemi di natalità che condizionano da decenni il nostro Paese», ha dichiarato la professoressa Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e responsabile del Comitato Scientifico di Micuro. La situazione più critica, secondo la ricerca, riguarda il numero di parti vaginali nelle pazienti con precedenti cesarei.

Questo indicatore va in controtendenza rispetto ad altri paesi del mondo, dove, in assenza di particolari criticità, si preferisce il parto naturale indipendentemente dalla storia della paziente nelle precedenti gravidanze. «È sicuramente importante la quota dei punti nascita che in cinque anni hanno continuato a rispettare gli standard ma c’è ancora molta strada da fare. Ci troviamo di fronte a strutture che pur avendo sempre rispettato gli standard di volumi, oggi sono chiuse, oppure, anche se in quota minore, ad altre che, rispetto anche solo a cinque anni fa, hanno perso drasticamente volumi», sottolinea. È fondamentale investire sulle buone pratiche, su quei punti nascita che hanno raggiunto gli standard di qualità e su quelli che riescono a mantenersi su questi livelli, senza trascurare quei pochi che continuano ad attestarsi a volumi non soddisfacenti: con programmazione ed efficienza anche questi possono uscire dal guado e contribuire al raggiungimento dei livelli di eccellenza che si merita un sistema sanitario come il nostro».

La situazione è decisamente più critica per quanto riguarda il numero di parti vaginali nelle pazienti con precedenti cesarei. Questo indicatore va in controtendenza rispetto ad altri paesi del mondo, dove, in assenza di particolari criticità, si preferisce il parto naturale indipendentemente dalla storia della paziente nelle precedenti gravidanze. Il Ministero stabilisce che almeno il 25% dei parti effettuati durante l’anno su pazienti con cesarei pregressi dovrebbe essere di tipo naturale. Tuttavia, solo l’11% delle strutture in Italia rispetta questo standard, e solo alcune regioni del Nord hanno punti nascita eccellenti che lo rispettano.

«La situazione dei parti naturali, soprattutto in caso di cesarei pregressi, è preoccupante sia per la distanza che separa gran parte delle strutture dagli standard minimi di qualità sia per una cultura diffusa che, inspiegabilmente, predilige la sala operatoria alla sala parto anche in situazioni di benessere della paziente», sottolinea Azzolini. L’aggravante è rappresentata dalla disparità territoriale in Italia tra nord, centro e sud, con queste due ultime zone che ad oggi non hanno strutture che garantiscano gli standard minimi di eccellenza per l’indicatore del parto naturale post cesareo», conclude.

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