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Le reliquie del beato Livatino nel carcere di Taranto: «Ha donato la vita per la legalità»

Le reliquie del beato Rosario Livatino tra i detenuti del carcere di Taranto. Si è conclusa la peregrinatio tarantina della reliquia del beato Rosario Livatino, magistrato 38enne ucciso dalla mafia nel 1990 e beatificato da Papa Francesco nel 2021.

Una tre giorni organizzata dall’ufficio di pastorale giovanile della diocesi di Taranto diretto da don Francesco Maranò e fortemente voluta dall’arcivescovo Ciro Miniero, che ha invitato la comunità diocesana a partecipare a momenti di preghiera, confronto e riflessione che si sono succeduti nel weekend.

«Da quel 21 settembre del 1990 l’Italia ha scoperto l’eroismo di un giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria vita alla luce del vangelo ma Rosario non era un eroe, faceva semplicemente il suo dovere coniugando le ragioni della giustizia con quelle di un’incrollabile fede cristiana. Un uomo di legge, un discepolo di Cristo, che ha donato la sua vita per la giustizia e la legalità. Per noi accogliere la sua reliquia significa accogliere un testimone di Cristo e del suo Vangelo, vissuto e testimoniato fino al martirio».

Dell’intera tre giorni, un momento di preghiera emozionante e potente è stato quello nel carcere di Taranto. I detenuti, gli operatori e il personale penitenziario della struttura, hanno pregato nella cappella dell’istituto insieme a don Gero Manganello, custode della reliquia, ascoltando un passo del vangelo. Poi i detenuti hanno lasciato ai piedi dell’altare un pensiero personale, senza renderlo noto a tutti, nel silenzio. È stata infine letta una preghiera scritta dai detenuti universitari, reclusi nell’alta sicurezza.

«La cosa importante che ci dice la storia di Rosario Livatino – ha affermato a margine dell’incontro don Gero Manganello – è che per essere santi non servono i miracoli. Di lui non abbiamo nessun miracolo certificato secondo i canoni tradizionali ma abbiamo, attraverso la sua testimonianza, la conversione degli assassini. Ha vissuto una vita normale ma mettendo a frutto la sua vocazione». All’arcidiocesi il sentito ringraziamento dell’associazione “Noi&Voi”. «Nei vari momenti vissuti dall’arrivo alla casa Madre Teresa – racconta il presidente don Francesco Mitidieri – sino alla marcia a Tramontone, passando dalla visita al carcere, ci siamo arricchiti».

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