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Trattamento di fine mandato in Regione Puglia, altolà del Partito democratico: «Se ne riparli dopo le Europee»

Rischia di finire nel congelatore la riesumazione del trattamento di fine mandato alla regione Puglia in procinto di essere inserito all’ordine del giorno nelle prossime sedute in via Gentile.

In vista della discussione in aula il consigliere regionale del Misto Antonio Tutolo aveva depositato l’altro giorno un emendamento alla pdl sulla liquidazione per consiglieri e assessori in cui si chiedeva di cancellare la retroattività. Successivamente, però, è spuntato un improvviso altolà al provvedimento.

Un ordine preciso partito nelle ultime ore dalla segreteria nazionale del Pd che ha chiesto ai partiti di maggioranza ed al governatore Emiliano in primis di sospendere il dossier del Tfm e rinviare l’approvazione dopo le elezioni europee a giugno 2024.

Un invito al buon senso per neutralizzare contraccolpi sul voto, ragionano dal Nazzareno, ma anche per bloccare l’attacco mediatico sul trattamento di fine mandato pugliese preso a bersaglio da Rete Quattro e dalla trasmissione Fuori dal Coro. Schizzi di fango che diventerebbero virali in piena campagna elettorale per le europee nel caso in cui il consiglio regionale ripristinasse in Puglia quello che viene ritenuto a tutti gli effetti un “privilegio” in favore della casta.

Un assegno da 35 mila euro l’anno per ogni legislatura effettuata più l’estensione retroattiva del beneficio che andrebbe a ripescare per la consegna del “cadeau” 143 fra consiglieri ed assessori regionali in carica dal 2013 in poi per un costo di circa quattro milioni di euro a carico delle casse regionali. Tuttavia il diktat di Roma divide i partiti regionali: c’è chi non vuole saperne di adeguarsi e chi invece ritiene giusto il consiglio. L’ala favorevole, ovviamente, risponde alla segretaria nazionale Shlein ed è formata dai consiglieri Mazzarano, Parchitelli, Lopalco e Ciliento, la presidente Capone insieme ai Cinque Stelle che inizialmente avevano appoggiato la legge sul Tfm per poi ritirare la firma.

Nel frattempo altri consiglieri Pd stanno preparando emendamenti per alleggerire l’impatto della buonuscita. In particolare da un lato si studia l’ipotesi della rinuncia entro un mese dall’approvazione della legge dando quindi la facoltà di accettare o meno il beneficio. Dall’altra parte si punta ad evitare un’ulteriore spesa prelevando i fondi per il trattamento di fine mandato dai costi della politica esistenti, ovvero dal finanziamento annuale ai gruppi regionali per pagare gli stipendi di portaborse e collaboratori.

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