Home Diritto & Economia Dal processo penale al civile. Cosa si prova a cambiare

Dal processo penale al civile. Cosa si prova a cambiare

Per effetto di due decreti legislativi emanati nel 2022 (il d.lgs. n. 149/2022 e il d.lgs. n. 150/2022) sia il processo civile sia il processo penale sono stati interessati da profondi cambiamenti. In entrambi i casi gli stimoli al cambiamento sono venuti dall’Europa, la quale ha chiesto all’Italia, più volte sanzionata sul punto, di individuare le riforme necessarie per rendere i tempi del processo ragionevoli. La riforma del Codice di procedura civile costituisce un intervento chiave per il Pnrr e la sua entrata in vigore è stata addirittura anticipata al 28 febbraio rispetto all’originale previsione. Fra 4 mesi, il 30 giugno, entrerà in vigore la parte della riforma dedicata agli incentivi per mediazione e negoziazione assistita.

Si tratta di un intervento di ampio respiro, del quale già nel medio periodo si dovranno misurare i risultati sperati. La riduzione della durata media del processo attraverso la digitalizzazione e dell’arretrato civile sono le direttrici della Riforma Cartabia. Tanti gli aspetti toccati: dagli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, al processo di cognizione con l’aumento di competenze dei giudici di pace, dall’impugnazione, ai processi in materia di famiglia, settore particolarmente inciso dalle novità. La calendarizzazione del processo dettata da precisi limiti temporali e una scarna oralità del processo civile costituiscono i nuovi lascia passare per gli operatori della giustizia.

La riforma cerca di limitare le udienze di mero rinvio e incoraggia la trattazione cartolare e da remoto diffusasi già durante la gestione della pandemia da Covid 19. Per la delicata fase introduttiva del processo civile lo scopo che si propone la riforma è la concentrazione, fare in modo che al più presto sia il thema decidendum sia il thema probandum siano definiti. Eppure, già precedenti riforme nel corso degli ultimi quindici anni sono intervenute sul tema senza sortire l’effetto sperato. È nel giudizio di cognizione di primo grado che si vanno a concentrare le principali criticità. C’è stata una operazione di restyling che ha visto il riposizionamento delle tre canoniche memorie che vengono definite nella nuova riforma come “integrative” e devono essere depositate antecedentemente alla prima udienza.

L’intento sarebbe quello di far sì che il giudice abbia un controllo della situazione sin da subito attraverso i controlli preliminari e di limitare la necessità di procedere ad una consistente attività istruttoria. Certamente il nuovo modus procedendi imposto ha sollevato non pochi dubbi circa la sua reale efficacia: una paralisi degli uffici non è inverosimile considerando la scopertura degli organici tra le aule di giustizia. Il modello di rito ordinario tendenzialmente a udienza unica e una mera sinergia organizzativa potrebbero non essere sufficienti a centrare gli obiettivi che il Governo si è prefissato con questa riforma, se non si considera lo sproporzionato rapporto tra risorse umane e procedimenti in entrata.

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