Home Editoriali Subito un “esercito” di ispettori contro le morti bianche

Subito un “esercito” di ispettori contro le morti bianche

Non vorremmo essere nei panni di Giancarlo Giorgetti. In vista della manovra finanziaria, il suo Ministero è oggetto di un “assalto alla diligenza”.

Chi vuole fondi per questo, chi per quello. Nessuno, però, si pone il problema di sostenere la guerra contro gli incidenti e le morti sul lavoro. Nemmeno dopo la caduta costata la vita a un operaio 60enne salentino, precipitato dall’altezza di otto metri mentre era impegnato all’interno di un capannone nella zona industriale di Lecce. E nemmeno dopo il monito recentemente lanciato dal presidente della Repubblica, secondo il quale «gli incidenti e le morti sul lavoro sono una intollerabile offesa per la coscienza collettiva».

A partire dal primo ottobre, intanto, entrerà in vigore la patente a punti per imprese e lavoratori autonomi che operano nei cantieri edili. Si tratterà di una certificazione contenente, all’inizio, 30 crediti che potranno essere decurtati in caso di violazione delle regole di sicurezza; al di sotto dei 15 punti, poi, scatteranno le prime sanzioni pecuniarie. È un segnale importante per quanti sono abituati a prendere sotto gamba l’adozione di dispositivi di sicurezza: adesso non si scherza più. Ma basterà? Probabilmente no. Perciò servono innanzitutto più controlli, il che significa assumere un “esercito” di ispettori del lavoro.

Ricordate la tragedia di Brandizzo, in Piemonte, dove nel 2023 cinque operai che lavoravano sui binari furono uccisi da un treno in corsa? Ecco, nel distretto di Torino-Aosta di cui Brandizzo fa parte, gli ispettori del lavoro erano appena 95, di cui 45 deputati a controllare salute e sicurezza, a fronte di 234mila imprese: ciò consentiva di svolgere meno di un controllo ogni sei anni. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Ecco perché, anziché sprecare risorse per misure che spesso lasciano il tempo che trovano, il governo Meloni farebbe bene ad assumere migliaia di ispettori del lavoro. Oltre che, naturalmente, a dare attuazione alle 14 proposte formulate dalla Commissione parlamentare d’inchiesta istituita dopo la tragedia di Brandizzo: incentivi per chi utilizza strumenti tecnologici per la sicurezza, coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, miglioramento delle gare d’appalto e punteggi per le aziende. Altrettanto necessario è cambiare il modo di formare i lavoratori in materia di sicurezza. Sarebbe l’ora di rivedere i programmi eliminando tecnicismi, articoli e commi.

Quando si illustra il contenuto del decreto 81/2008, con i suoi 306 articoli e 51 allegati, l’attenzione dei lavoratori, di solito già bassa, crolla definitivamente. In particolare quella degli stranieri che non comprendono il linguaggio tecnico-giuridico. È indispensabile adeguare la formazione al livello di istruzione e alle capacità di comprensione della platea. Altrimenti continueremo a contare i morti. E quella di Mattarella resterà la “voce di colui che grida nel deserto”.

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