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Ricordiamo i morti sul lavoro

L’impennata del prezzo dei carburanti, frutto del mancato rinnovo del taglio delle accise a suo tempo disposto dal governo Draghi, ha riportato il tema dei rincari e quello del costo del lavoro al centro del dibattito pubblico: da una parte le associazioni dei consumatori; dall’altra la premier Meloni, che rivendica il merito di aver destinato al taglio del cuneo fiscale le risorse appostate per la riduzione delle accise.

Bene che si discuta di questi temi, meno bene che si continui a ignorare un’altra emergenza con una diretta, profonda e negativa incidenza sulla vita di persone e imprese: quella dei morti sul lavoro. Questa “dimenticanza” ha un’aggravante. Nei giorni scorsi sono stati diffusi i dati sulle morti bianche nel 2022. E la statistica che emerge, “per difetto”, in una elaborazione effettuata dal Centro Studi della Cub su dati raccolti da Inail e Osservatorio nazionale morti sul lavoro sia di Bologna che di Mestre, è agghiacciante. Negli ultimi dodici mesi, in Italia, sono decedute almeno 1.484 persone, 80 in più rispetto all’anno precedente, per una media di quattro al giorno e 28 a settimana. I deceduti direttamente sul luogo di lavoro sono 665, mentre sono 819 quelli che hanno perso la vita in viaggio. Le categorie maggiormente falcidiate sono agricoltura, autotrasporto ed edilizia che superano insieme la metà degli infortuni mortali. Gli stranieri morti? Ben 95, “molti dei quali lavoravano in maniera irregolare o in nero”.

Maglia nera è la Lombardia con 225 morti, ma dal fenomeno non esenti la Puglia e la Basilicata rispettivamente con 64 e 21 vittime. In questo contesto c’è chi propone, come rimedio, l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. Certo, può essere un deterrente al pari di tutte le norme penali. Ma più che sulla repressione occorre puntare su prevenzione e formazione. L’obiettivo? Sviluppare la consapevolezza dei costi individuali e sociali di infortuni, lesioni, malattie professionali. In che modo? Rafforzando i controlli, riordinando le competenze dei vari enti coinvolti nell’attività di prevenzione, introducendo incentivi fiscali per le imprese che affidino la formazione dei dipendenti a strutture specializzate o che acquistino mezzi in grado di garantire maggiore sicurezza, facendo in modo che l’indispensabile taglio del costo del lavoro non sia slegato dal sostegno all’innovazione e dal rafforzamento dei servizi alle imprese. Insomma, un’emergenza così devastante non può essere risolta con misure-tampone o con un dibattito fine a se stesso (che comunque, almeno fino a questo momento, non è stato nemmeno avviato). Sono indispensabili volontà politica, visione strategica, misure strutturali: in altre parole, tutto ciò che non si è visto nelle ultime manovre finanziarie varate dai diversi governi, incluso quello attuale.

Raffaele Tovino è dg di Anap

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