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Mezzo Paese da rimettere in gioco

Ancora una volta Svimez lo dice a chiare lettere. È illusorio pensare che sia sufficiente alimentare il motore dell’industria del Nord per tirare l’Italia via dalle secche. Per far tornare il nostro Paese sui binari di una crescita in grado di invertire il declino, è necessario riaccendere il suo “secondo motore”, cioè il Sud. I driver? Anzitutto una politica industriale chiamata ad ampliare il suo campo d’azione mettendo in campo una ricetta multipla, tale da conseguire obiettivi strategici «in un’ottica unitaria che tenga conto della necessità di superare i gap territoriali»: imprese più grandi, apertura internazionale, rafforzamento delle filiere, sostegno alla ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico, sviluppo di prodotti e tecnologie green, digitalizzazione.

Ma per ricomporre la frattura Nord-Sud e sprigionare il potenziale di sviluppo dell’Italia in Europa, occorre anzitutto superare il disinvestimento degli ultimi decenni, come del resto richiede il Pnrr, superando dunque le contrapposizioni emerse nel dibattito sull’autonomia differenziata. Se il biennio 2021-2022 vede la ripresa post Covid subire l’influsso sfavorevole dello “shock Ucraina”, le previsioni Svimez sui prossimi due anni si traducono in allarme per il serio rischio di recessione al Sud e stagnazione dell’economia nazionale.

Ma il rapporto Svimez è importante quest’anno anche per un altro motivo. Perché è molto esplicito anche in materia di contenimento delle povertà e mitigazione delle emergenze sociali e occupazionali. E infatti il tema del lavoro è preminente nel documento, perché centrale se si vuole davvero «rimettere in gioco» il Mezzogiorno raggiunto da impatto asimmetrico dell’inflazione, in particolare a riguardo dei consumi delle famiglie. Le misure di sostegno dei redditi familiari hanno contribuito, secondo Svimez, a «contenere l’impatto dell’inflazione sui consumi in un periodo particolarmente sfavorevole della spesa in beni al Sud». Va dato atto, quindi, che gli interventi di salvaguardia varati dal Governo nel pieno della pandemia (blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali in deroga fino al Rem che si è andato ad aggiungere al Reddito di cittadinanza) «hanno tamponato emergenze sociali e occupazionali che altrimenti avrebbero assunto proporzioni drammatiche». Per essere ancora più chiari: «Al netto del peggioramento delle condizioni rilevate nel corso del 2020, l’insieme di queste misure ha avuto effetti significativi nel contrastare la povertà». Senza questi interventi, le famiglie povere sarebbero state quasi 2,5 milioni, quasi 450mila in più rispetto al valore registrato nel 2020. Senza sussidi nelle Regioni meridionali l’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico. Si chiama emergenza. Svimez calcola che, a causa dei rincari dei beni energetici e alimentari, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere nel Mezzogiorno del 2,8%. In valori assoluti si stimano 760mila nuovi poveri, di cui mezzo milione al Sud.

Raffaele Tovino è dg di Anap

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