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Emiliano all’Antimafia: dal caso Bari ai messaggi a Pisicchio, cinque ore a ruota libera

Arriva attrezzato e per cinque ore risponde, racconta, ricorda, ribatte alle domande dei componenti la commissione parlamentare antimafia. È il giorno in cui Michele Emiliano siede alla destra della presidente Chiara Colosimo, dopo aver dribblato per impegni professionali le date inizialmente fissate in calendario. Arriva munito di argomentazioni, ben consapevole che l’audizione si trasformerà in agone politico, con la maggioranza che ne attaccherà l’operato, dai messaggini all’ex commissario Arti, Alfonsino Pisicchio, prima che fosse arrestato, all’ormai celebre aneddoto, raccontato mano sulla spalla di Decaro, durante la manifestazione di piazza del 23 marzo.

Cinque ore, in audizione libera prima che il vicepresidente (e capogruppo di FI) Mauro D’Attis chiedesse la segretazione di un’altra fetta di audizione, inerente a questioni non pubbliche. Parte da lontano la storia del Governatore Emiliano, da quando cioè si spogliò della toga (era pm antimafia) per indossare la fascia tricolore: «Non c’era un ragionamento politico dietro quella amministrazione – dice – ma un’intuizione popolare che veniva dal basso e chiedeva un cambiamento, attraverso una figura proveniente da un altro contesto. Ammetto di avere fatto fatica a cambiare ruolo».

E precisa: «Una delle ragioni che mi spinse a candidarmi nel 2004 fu la constatazione che, nonostante noi da magistrati avessimo realizzato come Antimafia uno delle più puntuali opere di bonifica di tutta la storia italiana sino ad allora, mi ero reso conto che l’azione penale doveva essere convertita in antimafia sociale. Nel 2007 istituii un’agenzia per la lotta non repressiva alla mafia».

La mafia, che per Emiliano non è quella che viene imputata ai suoi rapporti di conoscenza con la sorella del boss Capriati, né tantomeno al fantomatico incontro al quale, aveva raccontato dal palco assolato del 23 marzo, era presente anche un giovanissimo assessore della sua Giunta, Antonio Decaro. «È un episodio di 15-16 anni fa. Non escludo di avere dato dettagli sbagliati: se Decaro ricorda di non essere stato con me probabilmente ha ragione lui».

E rincara: «Chi non ha mai vissuto cose del genere non si rende conto che c’è il momento di andare alla Procura, e presentare denuncia, e c’è il momento in cui l’autorità sei tu e non puoi delegarla ad altri. Il fatto che riguardava Decaro non era una notizia di reato e quindi non ritenni di fare denunciare, ma di affrontare la questione come ho detto, dialogare restando al fianco dell’assessore per superare i conflitti che si erano creati. In quella piazza nessuno ha frainteso, nessuno ha pensato che Emiliano è andato coi pantaloni in mano dal boss a chiedere protezione per Decaro: è una scena comica anche solo a pensarla».

L’accusa di aver “avvisato” Pisicchio dell’indagine a suo carico, prima che fosse arrestato e il botta e risposta con la presidente Colosimo, che gli chiede se effettivamente siano stati inviati quei messaggi, da chi avrebbe ricevuto le informazioni sulle indagini e perché non ha denunciato la fuga di notizie. Emiliano risponde leggendo il comunicato stampa trasmesso a ridosso dell’arresto, poi replicato: «la domanda è incongrua rispetto all’oggetto dell’audizione. Non ho realizzato condotte non trasparenti – precisa – sono a disposizione della Procura se dovesse essere necessario un approfondimento». E ancora: «Mi risulta leggendo la stampa che i messaggini sarebbero stati acquisiti dalla Procura, quindi l’unico soggetto che possa dare risposte è il procuratore della Repubblica che avete ascoltato (ndr, l’8 maggio scorso)». E, del resto, «nel momento in cui, per ipotesi, avessi saputo della casualità temporale – aggiunge – non avrei revocato l’incarico. La dimostrazione che non sapevo nulla sta proprio nella revoca».

In definitiva, sia ben chiaro, «Con riferimento alle tre operazioni che si sono susseguite, quella sulla criminalità organizzata con voto di scambio politico-mafioso, quella sul voto di scambio non mafioso e quella su Pisicchio, non riguardano la Regione Puglia – tiene a dire – Non posso sapere se in questo momento una qualunque Procura stia indagando su questioni relative alla mia giunta. Ma quelle tre indagini non riguardano la Regione Puglia».

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