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Boccata d’ossigeno dall’Europa: 1,2 miliardi per progetti di riqualificazione ambientale a Taranto e Sulcis

Un miliardo e duecento milioni che serviranno a finanziare progetti di riqualificazione ambientale a Taranto e nell’area Sulcis Iglesiante, in Sardegna. La notizia arriva dalla Commissione Europea che ha approvato il piano italiano per la transizione ambientale e l’economia circolare. In riva allo Ionio le risorse verranno utilizzate per la formazione e riconversione professionale di 4 mila e trecento lavoratori, garantendo loro le competenze necessarie per l’industria green.

L’obiettivo del fondo è proprio quello di sostenere i territori impegnati nella decarbonizzazione della struttura economica. Nel caso tarantino, l’investimento assume una ulteriore valenza sociale vista la complicata convivenza con il siderurgico. Proprio in riva allo Ionio il fondo sosterrà la costruzione di turbine eoliche, lo sviluppo della catena dell’idrogeno verde e degli impianti geotermici per gli edifici della provincia. Un piano, appunto, finalizzato a garantire energia “a buon mercato” non solo per le imprese ma anche per l’utilizzo residenziale.

Entrambe le proposte di finanziamento erano state presentate dal governo italiano, in particolare dall’agenzia per la Coesione Territoriale, alla Commissione europea lo scorso 20 giugno. Per quanto riguarda il Sulcis, dove è presente l’ultima miniera di carbone presente in Italia, l’intervento economico sarà finalizzato alla riconversione, in favore dell’energia sostenibile e della differenziazione imprenditoriale, con particolare attenzione all’agricoltura, alle attività economiche legate al mare e al turismo. Nel caso sardo, saranno 2.250 i lavoratori impegnati nella formazione. Una parte delle risorse, inoltre, sarà destinata al sostegno e alla creazione di nuove imprese.

La notizia del finanziamento europeo piomba come una leggera schiarita in un cielo particolarmente opaco a Taranto. Non c’è ancora accordo tra lo Stato e ArcelorMittal sul futuro di Acciaierie d’Italia. L’ultima fumata nera si è registrata venerdì scorso quando, per la quarta volta in due settimane, non si è trovato un accordo sulla ricapitalizzazione dell’impresa all’interno dell’assemblea dei soci. Ci riproveranno venerdì prossimo. Da una parte c’è il governo, pronto a investire sulla decarbonizzazione un miliardo di euro, somma destinata attraverso il dl Aiuti, dall’altra il socio privato, che non è disposto a investire ulteriori risorse nella fabbrica tarantina.

L’esecutivo Meloni, d’altronde, preme affinché nella ricapitalizzazione di Acciaierie d’Italia ci sia la partecipazione, in quota del 60 per cento, del socio privato. Seicento milioni di euro che ArcelorMittal non ha intenzione di investire, alla luce dei circa 1,8 milioni che sostiene di aver già investito in questi anni. In questo contesto, le risorse che giungono dall’Unione Europea potrebbero rappresentare una opportunità anche per i circa 2.000 lavoratori ex Ilva rimasti nella vecchia società e che, nei piani, devono essere formati e impiegati nelle bonifiche. A luglio, a loro favore sono già stati stanziati dieci milioni dalla Regione Puglia con l’obiettivo di garantire loro nuove competenze e, al territorio, la tanto attesa riqualificazione. Una speranza rafforzata, oggi, anche dal fondo specifico messo a disposizione dalla Commissione Europea.

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