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L’allarme dei mitilicoltori, non c’è spazio per coltivare: «A rischio lavoro e tradizione»

È grave la situazione dei mitilicoltori tarantini, costretti a vendere il seme in costa adriatica, Sardegna, Spagna e Grecia perché a Taranto mancano gli spazi per portare a maturazione le cozze. Ora chiedono alla politica di intervenire con un piano a tutto tondo su concessioni, bonifiche e sostegni al settore.

«È assurdo – spiegano gli imprenditori del settore – perché poi quel seme ritorna qui sotto forma di prodotto  finito e noi lo andiamo a comprare». È quanto emerge dall’incontro dei mitilicoltori associati a Agci Pesca, Lega Pesca  e Agri Pesca, associazioni che rappresentano oltre il 90 per cento della categoria.

«Chiediamo all’amministrazione comunale di dare un’accelerata alle concessioni e di trovare una soluzione per il pregresso, considerando che gli operatori non possono essere tenuti a pagare cifre esorbitanti per il passato, quando non ci sono state, e non ci sono ancora, le premesse per lavorare a pieno regime. Ci fa piacere registrare che, nell’ultimo incontro convocato dal prefetto che è anche commissario per le bonifiche, Demetrio Martino, con tecnici di Arpa, Asl, Cnr e Comune, si è finalmente parlato di verifica tecnico-scientifica del trasferimento del seme dal primo seno del Mar Piccolo al Mar Grande. Un percorso da noi caldeggiato per la verità ormai da diversi anni. È chiaro – aggiungono – che questa dev’essere solo una soluzione tampone. Continuiamo a sostenere la necessità di avviare le bonifiche del Mar Piccolo, operazioni di cui necessita l’intero territorio. Il governo deve assolutamente riavviare i lavori del Contratto istituzionale di sviluppo, all’interno del quale sono comprese anche le operazioni di bonifica del Mar Piccolo. Alla Regione invece chiediamo che metta in conto un sostegno per la mitilicoltura, che vive ormai in una situazione drammatica dal punto di vista economico. Per questo motivo, pensiamo a iniziative di mobilitazione al fine di richiamare la politica a tutti i livelli per tutelare i posti di lavoro e difendere un’attività che custodisce in sé storia e tradizione gastronomica locali».

Quanto alle questioni di marchio comunitario Dop o Igp, secondo i mitilicoltori «non ha senso quando ancora si è lontani dalla risoluzione  di una serie di problemi che è basilare per la sopravvivenza del settore. È ancora fermo infatti tutto il pacchetto delle questioni portate al tavolo permanente per la mitilicoltura, come piano coste, punti di sbarco, ad esempio. È come se volessimo costruire i piani di un palazzo, senza avere  le fondamenta».

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