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Veltroni: «La nostalgia? Non mi appartiene. Ma occorre riscoprire quei valori che conducono alla stessa meta»

Lo ripete fino allo sfinimento: «Non ho nostalgia del passato. È un sentimento solo personale: mi manca com’ero io un tempo, nient’altro». Walter Veltroni, ospite del Bif&st per la presentazione del film “Quando”, da lui diretto e tratto dal suo omonimo libro, è chiaro sul messaggio che la pellicola vuole comunicare: speranza. Ma non nasconde la «meravigliosa luminosità» dei tempi di Giovanni, protagonista del film e portato in scena da Neri Marcorè «che ha interpretato – dice – una parte molto complessa».

Come mai la scelta è ricaduta proprio su Marcorè?

«È stato Neri a scegliere. Qualche giorno dopo l’uscita del libro, nel 2017, mi è arrivata una sua foto in cui mi chiedeva di fargli fare un provino qualora avessi voluto svilupparci una pellicola. Poi quel provino l’ha fatto, e devo dire che sa recitare abbastanza bene. Il suo personaggio è molto complicato da interpretare, perché è un uomo di 50 anni che deve pensare, comportarsi, parlare come un diciottenne del 1984».

Questo riguarda anche Valeria Solarino?

«Valeria rispondeva perfettamente al ruolo da interpretare, quello di suor Giulia. Si tratta di un personaggio che deve essere capace allo stesso tempo di accudire e di entrare in empatia con l’assistito, Giovanni, ma anche di mantenere una certa distanza, di rispettare i limiti imposti dalla sua condizione. Insomma: occorreva qualcuno che raccontasse un travaglio interiore, e Valeria è stata perfetta».

Lei ha nostalgia di quegli anni?

«La nostalgia è un sentimento che attiene al piano personale. Ho nostalgia di com’ero io in quegli anni, nient’altro. Quando ho messo quelle foto che scorrono sotto il dito di Giovanni e di Leo è perché volevo raccontare cosa è stato il mondo che ci siamo lasciati alle spalle. Il mondo è cambiato enormemente e bisogna continuare a cambiarlo. Anzi: il mondo di oggi cambia alla velocità della luce, ma accanto alla velocità va riscoperto il valore della profondità. E quindi no, non è nostalgia, semmai è il tentativo di restituirci le tre dimensioni del tempo: il passato, il presente e il futuro».

È anche vero, però, che lei è stato protagonista degli ultimi vent’anni della storia politica del nostro Paese, ben diversi da quelli raccontati nel film. Oggi, cosa c’è di diverso?

«Io sono stato segretario di due dei partiti nati dopo lo scioglimento del Pci. L’unica forma di nostalgia che ho raccontato nel film è esplicita, suggellata nel momento in cui Giovanni torna alla sezione del partito, e lì c’è una lettera in cui è scritto “gli ideali non sono sbagliati”. La cosa bella di quegli anni era la meravigliosa luminosità di esseri umani che si era organizzata attorno a quegli ideali. Io l’ho vissuta, era meravigliosa, era un posto in cui si stava bene perché si percepiva di andare tutti dalla stessa parte. Si discuteva, ci si litigava, però c’era un fondo di solidarietà che nasceva non da convenienze di potere, ma da una profonda comunanza di ideali. Ecco, questa è l’unica cosa di cui, nel film, si sente la nostalgia. Penso, però, che a discapito di quanto si dica, e cioè che siamo in un tunnel senza fine da cui non usciremo mai, questo tunnel non sia murato. Mi auguro che il film, i suoi dialoghi e la sua conclusione, trasmettano questa speranza».

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