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In Puglia più di 200 aziende in difficoltà

Sono già più di 200 le imprese pugliesi che hanno fatto ricorso agli strumenti di regolazione della crisi. Da un’economia in rapida ripresa, dopo il periodo pandemico, ora il brusco rallentamento dovuto anche all’aumento dei tassi di interesse stabilito dalla Banca centrale europea al fine di contrastare la crescente inflazione. Così, mese dopo mese, sta crescendo il numero delle aziende in difficoltà che si trovano in una delle situazioni previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii): liquidazione giudiziale, accordi di ristrutturazione dei debiti, amministrazione straordinaria grandi imprese, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo omologato, concordato minore, liquidazione controllata, piano di ristrutturazione omologato.

Con l’arrivo dell’autunno potrebbe verificarsi un più marcato rallentamento dell’economia e forse una nuova recessione di impatto però più mite rispetto a quelle del passato. Ma i veri problemi potrebbero sorgere dopo in quanto i costi per le imprese restano insostenibili, quasi fuori controllo, mentre gli indicatori di produttività sono crollati salvo alcune eccezioni.

Come nel campo medico, prevenire è meglio che curare, così anche nel campo economico è meglio prevenire la crisi irreversibile di un’impresa o comunque coglierla sul nascere, in modo da poterla affrontare per tempo e risolverla. Proprio da questo presupposto è nato il Codice, introdotto con il decreto legislativo 14/2019 ed entrato in vigore il 15 luglio 2022, recependo così la direttiva europea “Insolvency” (numero 2019/2013).

Al di là di alcune modifiche alle vecchie terminologie (il fallimento si chiama oggi liquidazione giudiziale) l’obiettivo è quello di attuare tutte le possibili strategie affinché l’impresa in crisi possa salvarsi.

Il comparto più colpito in Puglia è il commercio con 54 aziende. Seguono il settore delle costruzioni (43 imprese); le attività manifatturiere (32); il trasporto e magazzinaggio (18); il turismo in senso stretto, ovvero le attività di alloggio e ristorazione (11). Numeri via via decrescenti per gli altri settori.

Le disposizioni sono in linea con i principi europei mirando a favorire l’emersione tempestiva della crisi attraverso strumenti di allerta soft che incentivino l’imprenditore ad attivarsi volontariamente per il superamento della situazione di difficoltà; la valorizzazione dell’autonomia privata delle parti con la previsione di strumenti anche stragiudiziali e con la limitazione dei poteri di intervento dell’autorità giudiziaria; la “risanabilità dell’impresa”, quale valore giuridico, da preservare attraverso procedure di ristrutturazione efficienti che favoriscano la continuità aziendale.

Fortunatamente il sistema produttivo sta ancora reggendo e ogni anello della filiera, dall’importazione alla produzione, dai grossisti fino ai distributori viene “assorbito” un pezzo della maggiore inflazione. Ma uno dei più pesanti macigni è rappresentato dai forti rincari dei prezzi, una problematica che non riguarda soltanto le famiglie consumatrici e i pensionati. Il maggiore costo delle bollette energetiche, ad esempio, lo sta pagando anche il sistema produttivo con effetti su margini e ricavi.

Un suggerimento per non restare impantanati nelle sabbie mobili della burocrazia ma non solo, per far sopravvivere la propria attività è quello di non sperare di ricevere sempre contributi a pioggia. Mentre il nostro Paese dovrebbe incentivare nelle scuole l’educazione economico-finanziaria. Purtroppo siamo ancora molto indietro in tema di cultura imprenditoriale.

Davide Stasi – Responsabile Osservatorio economico Aforisma

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