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Perché serve la moratoria sui debiti

La tendenza al rialzo dei tassi di interessi si è ormai definitivamente consolidata nell’Eurozona. Il 20 settembre scorso la Bce ha deciso un nuovo rialzo, portando i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente al 4,50, 4,75 e 4%. Così l’accesso al credito diventa più difficile per cittadini, imprese e Stato italiano che ha necessità di ricorrere al mercato per il suo fabbisogno finanziario.

Nei prossimi mesi il costo del rifinanziamento pubblico sarà più consistente (nel 2023 sarà pari a pari al 3,7% del Pil, circa 75 miliardi di euro) e i nuovi titoli del debito pubblico saranno emessi a tassi crescenti (il tasso dei Btp a dieci anni si è già collocato sopra il 5%). Incertezza sulla situazione geopolitica mondiale e dati negativi sulla crescita peggioreranno il quadro. E i segnali che provengono dal settore privato sono egualmente negativi.

Secondo la Banca d’Italia, dopo l’espansione creditizia che ha caratterizzato la prima metà del 2022, dal secondo semestre la domanda di credito delle imprese si è contratta in tutte le aree del Paese, e in modo più marcato nel Mezzogiorno, coinvolgendo in particolare il settore manifatturiero e il terziario.

Alla base di questa contrazione vi sono due fattori: da un lato, le imprese manifestano un minor bisogno di finanziamento perché stanno riducendo gli investimenti e hanno in gran parte risanato le posizioni debitorie per l’aumento dei costi di produzione provocati dallo shock inflazionistico; dall’altro, le banche hanno irrigidito le condizioni di offerta del credito, aumentando gli spread (cioè il margine che le banche aggiungono al tasso medio di interesse) sui finanziamenti alle imprese, soprattutto per le aziende considerate più rischiose. Una restrizione simile riguarda i mutui per l’acquisto di abitazioni sia per l’aumento del costo della provvista (per effetto dell’inflazione) sia per il maggior rischio percepito, in una situazione di aspettative negative. É ovvio che in questo difficile contesto le regioni meridionali sono fortemente penalizzate.

In particolare le imprese sopportano tassi d’interesse più elevati di circa 70 punti base rispetto alle imprese del Centro-Nord. I maggiori costi che le imprese meridionali devono sopportare sono dovuti a diversi fattori che determinano un più alto livello di rischiosità: bilanci fragili, caratterizzati da margini operativi più bassi e da una minore patrimonializzazione, investimenti concentrati prevalentemente in settori a basso contenuto tecnologico e in servizi, forte presenza criminale.

La fine delle garanzie statali introdotte per fronteggiare la pandemia, ha ridotto la domanda di finanziamenti da +8,2% su base annua nel 2020, al modesto +2,9 % su base annua a giugno 2022. Sono dati destinati a peggiorare ulteriormente nel 2023. In base alle stime delle banche, nel primo semestre del 2023 la domanda di mutui da parte delle famiglie dovrebbe ridursi in tutte le ripartizioni territoriali, mentre si potrebbe avere una lieve ripresa nel credito al consumo.

Dal lato dell’offerta, le condizioni applicate ai prestiti alle famiglie dovrebbero essere ancora più selettive in tutte le aree del Paese. Queste condizioni restrittive peseranno maggiormente sulle regioni meridionali in assenza di provvedimenti speciali. Uno studio della Fabi Analisi&Ricerche dimostra che già oggi i tassi di interessi applicati alle famiglie residenti nelle regioni meridionali sono più alti di quelli applicati nel Centro-Nord. Rispetto alla media nazionale del 4,1%, i tassi medi sono più cari per le famiglie che vivono in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia e quelle che risiedono in Sardegna e Sicilia. In questo contesto la criminalità organizzata avrà maggiori opportunità di inserirsi negli spazi lasciati aperti dalle banche, soprattutto nel credito al consumo per le famiglie e nel coprire il fabbisogno di imprese maggiormente indebitate. È quello del credito un altro fronte caldo su cui il Governo dovrà misurarsi nei prossimi mesi, quando gli effetti della politica restrittiva della Bce cominceranno a farsi sentire inasprendo ulteriormente le condizioni già difficili di accesso al credito. Il Governo dovrebbe in questa situazione almeno confermare le misure di garanzia e di moratoria dei debiti per le piccole e medie imprese introdotti dai Governi precedenti in risposta alla crisi pandemica.

Le risorse necessarie potrebbero essere attinte dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, che il Governo ha fortemente ridimensionato e che dovrebbe garantire un gettito di 2,5 e i 2,7 miliardi destinati a finanziare solo le misure per il mutuo sulle prime case. Ben poca cosa! Così un Governo che ha costruito la sua fortuna sul populismo di stampo peronista, si trova oggi a praticare una politica di rigido liberismo, che certo non ha tra le sue priorità la difesa dei più deboli.

Rosario Patalano – economista

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