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Anche per la Cgia il motore d’Italia è a Nord. Il Pil in Puglia? La crescita è lenta

La produzione nelle varie regioni del Mezzogiorno elaborata dalla Cgia Mestre evidenzia l’esistenza di un gap ancora molto forte

È il Nord che traina il Sud, e se ancora si avessero dubbi, arrivano gli studi elaborati dalla Cgia (Confederazione generale italiana dell’artigianato) di Mestre sui dati di Prometeia: anche nel 2024 la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto saranno le regioni che traineranno il Pil reale nazionale che, stando ai principali istituti di statistica, dovrebbe attestarsi attorno al +0,7 per cento, contro il +0,1 per cento della Germania, il +0,7 per cento della Francia e il +2,1 per cento della Spagna.

Nel 2024 a spingere il Pil, la cui crescita resta comunque contenuta, sono soprattutto il settore dei servizi, in particolare il turismo, e l’export. Male invece l’andamento e del settore metallurgico. L’industria in senso stretto è destinata a subire un deciso ridimensionamento: nel settore della moda (tessile, abbigliamento, calzature), del metallurgico (produzioni siderurgiche, di semilavorati e di preziosi), mentre i consumi delle famiglie sono destinati a salire nella seconda parte dell’anno, dopo la flessione del 2023 e inizio del 2024.

Le differenze

In tempi di autonomia differenziata un dato di questo tipo, se pur prevedibile, ancor di più accende la polemica tra chi in Settentrione si sente il motore d’Italia. Non è tutto, se le altre regioni del Centronord cresceranno tutte con incrementi che vanno dallo 0,5 per cento in su, per contro al Mezzogiorno la crescita sarà ben inferiore ad eccezione della Campania con un Pil reale stimato a +0,57 per cento, mentre le previsioni della Sardegna sono pari al +0,49 per cento, per la Sicilia al +0,46 per cento, per la Basilicata al +0,37 per cento, per la Puglia al +0,36 per cento, per l’Abruzzo e per la Calabria al +0,23 per cento e per il Molise, fanalino di coda, siamo allo +0,22 per cento.

La crescita dal precovid

Ma se gli stessi dati si analizzano partendo dall’anno precovid la Cgia rileva che Abruzzo e Umbria sono le regioni che devono ancora recuperare il terreno perduto. Se misuriamo la variazione del Pil reale tra il 2024 e il 2019 (anno pre pandemico), quasi tutte le regioni hanno recuperato abbondantemente. La Lombardia può contare su un Pil del 6,65 per cento superiore al dato conseguito nel 2019, la Puglia ha registrato uno straordinario +6,18 per cento e l’Emilia Romagna +5,62 per cento. Bene anche le altre tre regioni del Nordest: se il Trentino Alto Adige può contare su una variazione del +4,98 per cento, il Friuli Venezia Giulia del +4,77 per cento e il Veneto del +4,60 per cento. Le uniche realtà che, invece, non sono ancora ritornate ai livelli pre-Covid sono l’Abruzzo con il -0,23 per cento e l’Umbria con il -0,26 per cento.

Millimetriche distanze

«È vero che le distanze tra le regioni sono “millimetriche”, tuttavia – conclude la Cgia di Metsre nel suo studio – la spaccatura tra Nord e Sud, anche in termini di aumento del Pil reale per l’anno in corso, è molto evidente».

Tutto questo è un dato statistico che si basa su analisi e numeri, ma non è certo un caso che l’autonomia differenziata è ciò che chiedono proprio le tre regioni più ricche d’Italia. Ieri il governatore della Lombardia, Attilio Fontana ha affermato fiero: «Chi vive e lavora nella nostra regione è orgoglioso di esserne parte chi, per mancanza di coraggio e intraprendenza, cerca di fermare l’autonomia vuole impedire alla Lombardia e al resto dell’Italia di essere ancora più forti e più competitivi».

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