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Le regole che servono al turismo

Siamo lontani dai tempi del Grand Tour, quando pochi aristocratici e intellettuali d’Oltralpe intraprendevano lunghi viaggi in Italia, esaltandosi alla vista delle vestigia dell’antichità e godendo di paesaggi incontaminati. Dopo tre secoli i colti viaggiatori solitari sono stati sostituiti da moltitudini crescenti di turisti che visitano il nostro Paese più o meno alla ricerca delle stesse emozioni.

Nel 1990 varcavano la frontiera italiana circa 60 milioni di turisti stranieri, nel 2023 la cifra è più che raddoppiata con circa 135 milioni di turisti in entrata. Dopo la crisi pandemica, il 2023 è stato un anno da record, superando i dati del 2019, con +3,0 milioni di arrivi (+2,3%) e +14,5 milioni di presenze (+3,3%). L’incremento è anche più netto rispetto al 2022 (+ 13,4% di arrivi e + 9,5% di presenze). Il surplus della bilancia dei pagamenti turistica si attesta a 20,1 miliardi di euro, pari all’1% del pil (da 0,9 dell’anno precedente), annullando le perdite causate dal lockdown e confermandosi al di sopra della media dell’area euro.

Diversi fattori hanno contribuito allo sviluppo dei flussi turistici: in primo luogo l’espansione delle compagnie di trasporto aereo low cost e la disponibilità di nuove rotte, lo sviluppo delle tecnologie digitali (attraverso le piattaforme online, come Airbnb, i turisti possono comparare i prezzi, contattare direttamente soggetti fornitori, visionare le opinioni lasciate da altri utenti), l’adozione di politiche meno rigide per la regolamentazione dei visti di ingresso, la semplificazione dei regolamenti sugli alloggi e lo sviluppo della sharing economy.

Tutto bene si direbbe e invece l’aumento dei flussi turistici oltre un certo limite, causa effetti negativi, sia economici che sociali, creando significative distorsioni. L’offerta di servizi turistici ha, infatti, un notevole impatto con le condizioni di vita della popolazione residente: da un lato genera reddito per chi offre i servizi, dall’altro produce sia effetti di cogestione danneggiando l’ambiente fisico fino a compromettere la stessa soddisfazione dei viaggiatori, sia fenomeni speculativi che modificano l’equilibrio sociale.

L’esperienza di grandi mete turistiche, come Barcellona o Venezia, ci mostra che prima o poi, l’overtourism genera una inconciliabile opposizione di interessi tra la parte di popolazione locale che trae reddito dai servizi turistici, e la parte di popolazione che è esclusa dai diretti vantaggi economici subendo gli effetti negativi. Un conflitto che è conseguenza delle politiche liberiste adottate in questo settore da autorità locali e governi nazionali, nella convinzione che i flussi turistici possano rappresentare un motore di sviluppo economico distribuendo benefici a tutta la popolazione residente. E invece ad un’analisi più attenta i danni causati dall’assenza di regolamentazione possono essere superiori ai benefici ottenuti in termini di reddito. In primo luogo, la presenza crescente di turisti genera fenomeni inflazionistici locali, riducendo la disponibilità di risorse per i residenti e diminuendo il loro potere d’acquisto. Aree cittadine precedentemente residenziali sono “turistificate” con l’espulsione dei residenti per far posto ad alloggi per turisti. Il mercato immobiliare risulta drogato con continui rialzi dei prezzi che danno luogo a bolle speculative.

Il tessuto commerciale locale è stravolto per la scomparsa dei negozi di vicinato sostituiti da brand e catene commerciali multinazionali. L’affollamento genera poi effetti negativi in termini di impatto ambientale, di inquinamento e di gestione del ciclo dei rifiuti. Gran parte delle politiche urbanistiche è rivolta ad infrastrutture destinate a sostenere crescenti flussi turistici, ignorando le esigenze della comunità locale. La concentrazione di investimenti nei centri turistici genera degrado e abbandono nelle periferie. Infine certi tipi di turismo favoriscono lo sviluppo delle attività criminali connesse alla prostituzione, al consumo di alcool o di sostanze stupefacenti.

L’elenco potrebbe continuare, ma l’attento lettore avrà sicuramente inteso che la fortuna di una località baciata dall’interesse turistico può essere solo apparente ed effimera se non è rigidamente regolata l’offerta di servizi. Il modello liberista di sviluppo basato sul turismo non è molto diverso dallo sfruttamento di risorse minerarie, per le inevitabili ripercussioni sull’ambiente e sulla vita dei residenti. E come la monoculture estrattiva, il turismo non regolamentato crea diseguaglianze sociali e impoverisce il territorio esaurendo le risorse locali.

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