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Decontribuzione Sud, intesa tra Governo e Commissione Ue. Ma la Zes unica resta un rebus

Dopo una trattativa sotterranea con il governo italiano durata mesi, l’Unione europea ha ripristinato Decontribuzione Sud, una misura legata al quadro temporaneo sugli aiuti di Stato avviata durante l’era Covid dall’allora governo Conte e proseguita dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Gli incentivi

Si tratta di preziosi incentivi alle assunzioni nel Mezzogiorno, in deroga alle regole europee, che prevedono uno sgravio contributivo pari al 30% per ogni assunto. L’Europa ha accolto un aumento di bilancio di 2,9 miliardi di euro, con l’intero schema di aiuti di Stato che sale da 11,4 miliardi a 14,3 miliardi di euro, e una proroga del periodo di applicazione fino al 31 dicembre 2024. L’ok è stato annunciato ministro Raffaele Fitto al termine di un incontro con la vicepresidente della Commissione europea uscente Margrethe Vestager. Un annuncio salutato positivamente dal mondo delle imprese con il plauso di Confindustria, Confartigianato e associazioni datoriali nazionali. Ora «l’obiettivo è quello di trasformare» la misura, «d’intesa con la Commissione europea, in uno strumento più a lungo termine e più orientato verso gli investimenti», ha detto Fitto. Che, in realtà, in passato aveva respinto al mittente le critiche dell’opposizione per l’assenza di concertazione con Bruxelles. Tuttavia resta il carattere temporaneo dell’aiuto appena ripristinato che ne riduce l’efficacia sul medio periodo. Per questo Fitto ha spiegato che la misura «dovrà essere modificata e resa più mirata facendo leva su una o più diverse basi giuridiche».

La Zes unica

Non così per la Zes unica, la zona economica speciale entrata in funzione da qualche giorno (12 giugno) con l’apertura dello sportello per le domande. Il nuovo organismo appare inadeguato a sostenere il rilancio degli investimenti per mancanza di personale, scarsa copertura finanziaria e per l’impossibilità di gestire le centinaia di pratiche prese in carico dalle otto Zes territoriali, fra cui due pugliesi, cancellate dal decreto Sud. Un’autentica iattura se si considera che la Zes centralizzata avrà una dotazione complessiva di 1,8 miliardi di euro insufficiente ad assorbire i vecchi incentivi, ad esempio Industria 4.0, bonus Sud e la stessa Decontribuzione.

Il criterio capestro

Nel decreto attuativo è poi inserito un ulteriore cappio al collo per le aziende. Se le domande saranno superiori al budget stanziato di 1,8 miliardi l’incentivo sarà tagliato in modo proporzionale fra i beneficiari in base ai calcoli dell’agenzia delle entrate: una sforbiciata che rischia di aprire una guerra fra poveri con conseguenti contenziosi e appesantimento della burocrazia a danno delle aziende. Effetti che sterilizzano in tutto o in parte le novità introdotte dalla Zes unica. Per esempio il permesso unico per aprire una nuova azienda, il silenzio assenso per velocizzare pratiche e progetti, ma soprattutto l’aumento delle aliquote per gli aiuti. In Puglia il 60% di credito d’imposta, ovvero di sconto sulle tasse, per investimenti fino a 50 milioni di euro realizzati da micro e piccole aziende, del 50% per le medie e del 40% per le grandi imprese.

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